mercoledì 17 aprile 2013

L'osteopatia pediatrica

L’osteopatia si esprime attraverso il Trattamento Manipolativo Osteopatico (OMT) effettuato dall’osteopata per fare diagnosi, per trattare e prevenire la malattia. 
Si tratta di un trattamento non invasivo che trova uno svariato campo di applicazione in quanto, come precedentemente accennato, l’unità del corpo e la correlazione tra struttura e funzione sono causa ed effetto di una manifestazione sintomatica che riguarda non solo l’aspetto strutturale ma di tutto l’organismo.
Per tale motivo l’osteopatia si occupa sia di problemi dell’apparato muscolo scheletrico sia di patologie che spaziano dalla cefalea all’infertilità, dal mal di schiena alle cardiopatie alla sindrome del colon irritabile a molto altro.
Le tecniche utilizzate dagli osteopati sono svariate: tecniche strutturali, viscerali, miofasciali, funzionali e cranio-sacrali.
Grazie al suo approccio ”dolce” e alla completa assenza di controindicazioni, l’osteopatia è indicata per tutte le fasce di età dai neonati agli anziani.
Non vi sono molte differenze nel trattamento osteopatico dell’adulto da quello pediatrico. Le esperienze prenatali, perinatali e postnatali condizionano peró il metodo diagnostico e l’attenzione cosi come l’educazione dell’osteopata stesso. Anche le particolari dinamiche dello sviluppo e la patologia richiedono una conoscenza specifica da parte dell’osteopata. Lo sviluppo dei diversi tessuti ed organi del bambino, cosi come i vari processi fisiologici rappresentano una particolaritá nell’osteopatia pediatrica, soprattutto nei confronti degli sviluppi rapidi a livello senso-motorio ed emozionale dei bambini. 
E’ credenza comune che neonati e bambini non debbano avere stress o tensioni nel loro giovane corpo; purtroppo la realtà è diversa. La nascita è l’evento più stressante della nostra vita. Il neonato viene sottoposto ad enormi forze, quando l’utero lo spinge contro le pareti del canale vaginale. Il neonato deve ruotarsi e torcersi, mentre viene compresso tra le ossa della pelvi nel suo viaggio breve ma altamente stressante, verso il mondo esterno.
Il cranio del neonato ha la capacità notevole di assorbire questi stress durante un parto naturale. Per ridurre le dimensioni della testa, le morbide ossa si sovrappongono, piegano e “deformano” mentre il neonato discende. Il mento del neonato è normalmente ben piegato verso il busto in modo da presentare un diametro minore del cranio. Spesso molti neonati nascono con un cranio di forma strana come risultato di questo travaglio. 
Se durante la gravidanza la mamma soffre di lombalgie, sciatalgie, tensioni addominali è molto probabile che tutte le strutture coinvolte non riescano a compensare le richieste di un continuo adattamento dato dalla crescita del feto. Il bacino non si predispone nella migliore condizione per affrontare il parto e ciò può provocare compressioni anomale e asimmetriche al futuro neonato ancora prima di nascere.
Nei primi giorni di vita extrauterina, con l’inizio delle poppate, di pianti e sbadigli, la testa del neonato perde la sua estrema plasmabilità. Tuttavia, questo processo, specialmente se la nascita è stata difficoltosa, risulta incompleto, causando al neonato stress e tensioni.
L’Osteopatia Cranio-Sacrale (OCS) è un metodo non invasivo ed efficace di trattamento  manuale molto indicato per i bimbi e bambini come per gli adulti. Essa è uno strumento di valutazione in oltre è preventivo e correttivo. Una seduta di OCS al neonato può minimizzare o eliminare le conseguenze di una nascita difficile ed aiuta a assicurare una buona salute ai bimbi. Tutti i neonati dovrebbero ricevere delle valutazioni e trattamenti di OCS il più presto possibile subito dopo la nascita. I bambini dovrebbero continuare a ricevere l’OCS periodicamente per tutta la durata dell’infanzia mentre si adattano al processo della crescita.
Inoltre la possibilità di curare sin dalla primissima infanzia eventuali malformazioni, scompensi della struttura ossea e disfunzioni dell’apparato membranoso e legamentoso può evitare dolorosi e lunghi percorsi di cura una volta adulti.
 
 
                                                                                                           (Fonti: varie)

lunedì 15 aprile 2013

Le persone con un caratteraccio sono più intelligenti

Uno studio condotto dalla prestigiosa università americana di Harvard ha provato che le persone con un carattare difficile e un po’ intrattatibili sono più sveglie, intelligenti in quanto dotate di un cervello con capacità più evolute. 

Se pensate che il vostro carattere sia un misto tra quello di Crudelia Demon e la matrigna di Cenerentola, mentre Winnie the Pooh e SpongeBob vi fanno salire il sangue alla testa, finalmente c’è una notizia che potete sbattere in faccia a tutti quelli che vi accusano di avere un caratteraccio e vi consigliano di cambiare!
Per qualificarsi cone persona con un brutto carattere dovete avere almeno 2 su 3 delle seguenti “qualità”:
1.Intolleranza verso tutto e tutti o quasi, talvolta anche verso se stessi e tendenza a non tenersi per sè questo fastidioso giramento di…scatole!
2.Irascibilità, detta anche incazzosità facile. Da aggiungere alla convinzione che se ci si incazza è solo ed esclusivamente perchè tutti quelli che ci circondano sono degli idioti.
3.Cattivo umore costante e difficoltà a sorridere. Frase tipica: “Guarda oggi lasciami perdere che sono di cattivo umore”. Che novità!
Se leggendo queste poche righe vi siete riconosciuti, allora avete inequivocabilmente un caratteraccio!
Ma, ed è questa la buona notizia, un recente studio della prestigiosa università di Harvard afferma che le persone aggressive, irritabili, irascibili, iraconde, scontrose, perennemente di cattivo umore e con la luna storta, brontolone, bisbetiche non
domate, sempre contrariate e scontente, lamentose, suscettibili, musone sono più intelligenti e portate alla leadership, in quanto dotate di una natura più avanzata, proprio grazie alle “qualità” sopracitate. Al contrario, la tendenza ad essere buoni, tolleranti, accondiscendenti, gentili, disponibili, sempre positivi, di buon umore e col sorriso tatuato in faccia, ecc è simbolo di un atteggiamento più infantile e remissivo. È sintomo di un carattere meno sviluppato, più semplice, ingenuo, lineare e quindi, secondo questo studio, meno evoluto.
Questa conclusione è stata tratta dopo un’indagine, con tanto di esperimento fatto su un gruppo di scimpanzè e scimmie bonobo, considerate le famiglie di scimmie più simili all’uomo per aspetto, comportamento e struttura sociale.
La conclusione comunque è che la scienza ci legittima ad essere insopportabilmente insopportabili!



                                                         (Fonte: www.robadadonne.it)

mercoledì 3 aprile 2013

La palestra come cura: parte la sperimentazione in Francia

L'Accademia nazionale di medicina di Parigi ha proposto dare l'opportunità ai medici di base di prescrivere lo sport con ricetta rimborsabile dalla previdenza sociale come se fosse un farmaco. Sperimentazione al via a Strasburgo.

Anche se oggi gran parte dell’attenzione relativa alla salute dell’individuo è spesso concentrata sull’alimentazione, studi recenti dimostrano che persone moderatamente attive, sopratutto nella seconda e terza parte della vita, hanno più probabilità di evitare morte prematura e malattie gravi.
A giovare della pratica sportiva sono il corpo e l'interazione sociale. Inoltre, tra gli adoloscenti, chi pratica sport ha meno probabilità di soffrire di problemi mentali come depressione e ansia. 
Oggi la medicina riconosce senza ombra di dubbio che l’attività fisica svolge un ruolo importante nel garantire una buona salute.  Questo dipende sostanzialmente dal fatto che una vita fisicamente attiva induce modificazioni e adattamenti organici che risultano positivi dal punto di vista della funzionalità d’organi ed apparati. I benefici dell’attività fisica sono molteplici e universalmente riconosciuti: minore rischio di obesità e di malattie cardiache, maggiore resistenza di muscoli e ossa, migliore salute mentale e psicologica. L’attività fisica aggiunge anni alla nostra vita e vita ai nostri anni.
Per questo motivo a Strasburgo è partita una sperimentazione che rivoluzionerà la vita di molti francesi. L'Accademia nazionale di medicina di Parigi ha proposto infatti di inserire lo sport tra le terapie prescrivibili dal medico di base e rimborsabili dalla previdenza sociale. La cittadina francese cercherà di contrastare la sedentarietà dei suoi abitanti con l’aiuto del medico di famiglia, che sulla ricetta dovrà indicare al paziente il tipo di sport da praticare e con che intensità. Il paziente si recherà con la prescrizione da uno degli istruttori coinvolti nel progetto per ricevere un programma di allenamento personalizzato, da praticare anche nelle palestre pubbliche alle quali potrà accedere gratuitamente.
Un’attività fisica regolare riduce i costi sanitari correlati alle malattie metaboliche, cardiovascolari e anche ai tumori. Riduce la morbidità e la spesa per i farmaci. Sono teorie dimostrate e supportate da numerosi studi scientifici.  
Livio Luzi, preside della facoltà di Scienze motorie dell'università di Milano parla di «iniziativa molto positiva che tutte le regioni italiane dovrebbero imitare. Un'attività fisica regolare - spiega - riduce i costi sanitari correlati alle malattie metaboliche, cardiovascolari e anche ai tumori che in definitiva si traduce in una riduzione della morbidità e della spesa per i farmaci. Sono teorie dimostrate e supportate da numerosi studi scientifici e - conferma - è un progetto che sicuramente darà buoni risultati, anche se non nel breve termine, ad eccezione dei soggetti diabetici, nei quali l'attività motoria ha un effetto terapeutico che si concretizza nella riduzione delle dosi di farmaci assunti già dopo 6 mesi».
Il merito di questa iniziativa, conclude Luzi, «è di aver compreso come l'accesso gratuito, unito alla raccomandazione del medico, possa costituire un giusto incentivo per avvicinare le persone alla pratica dell'esercizio fisico».
Promuovere l’attività fisica è molto importante, anche per contribuire a ridurre il tempo dedicato ad occupazioni sedentarie e rendere le persone più attive e meno stressate. Così come è grande la responsabilità delle Istituzioni, ai fini di incoraggiare una vita all’aria aperta fatta di movimento e attività, allo stesso tempo è compito dei singoli soffermarsi a pianificare uno stile di vita che preveda, durante la settimana, il tempo per dedicarsi allo sport. Basta poco, per stare meglio.
 
                                                                                                                           (Fonti: Varie)

giovedì 28 marzo 2013

Scoliosi, la ricerca che non ti aspetti: "Il nuoto non fa bene alla schiena"

La tesi che ribalta tutte le precedenti 'certezze' conclude un lavoro studio dell'Istituto scientifico italiano colonna vertebrale che sarà presentato al congresso internazionale di Chicago a maggio. In certi casi, l'attività natatoria potrebbe persino peggiorare la situazione

                                                                                   di AGNESE ANANASSO

"Suo figlio ha le alucce di pollo, ha anche un po' di scoliosi: lo porti a fare nuoto che gli fa bene". Un assioma che dura da vent'anni, ma che sta vacillando. Come prova a dimostrare, ultima in ordine di tempo, una ricerca sviluppata dall'Istituto scientifico italiano colonna vertebrale (Isico), ancora inedita, che verrà presentata al congresso della International Society for the Study of the Lumbar Spine (Issls), in programma dal 13 al 17 maggio a Chicago.

"Il nuoto non cura la scoliosi, anzi in molti casi può rivelarsi negativo e rischia di indurre il mal di schiena", afferma Fabio Zaina, fisiatra dell'Isico, tra gli autori della ricerca "Swimming is not a scoliosis treatment: a controlled cross-sectional survey", che tradotto vuol dire appunto che il nuoto non è una terapia della scoliosi.

Lo studio ha confrontato un gruppo di 112 nuotatori a livello agonistico (nuoto praticato 4-5 volte a settimana) con una popolazione scolastica, maschile e femminile, di 217 studenti di pari età, che pratica sport in maniera amatoriale o non lo pratica affatto. In entrambi i casi sono stati misurati i gibbi, la cifosi e la lordosi ed è stato fornito ai ragazzi un questionario per rilevare la presenza di mal di schiena.

I risultati sono stati sorprendenti per gli agonisti, ma anche per gli amatori: i nuotatori, soprattutto le femmine, presentavano delle asimmetrie del tronco più accentuate ed erano ipercifotici, di conseguenza con una frequenza maggiore di dorsi curvi e mal di schiena.

"Dal punto di vista posturale, il nuoto induce a un collasso della schiena - spiega Zaina - e
allena soprattutto la muscolatura degli arti, essendo praticato in scarico, non la schiena. Quando si parla di agonismo poi, con carichi di lavoro di ore, il nuoto induce il mal di schiena. Per chi ha la scoliosi arriviamo a sconsigliare il nuoto, decisamente. Non c'è distinzione neanche tra i vari stili: la rana e il delfino possono aumentare il mal di schiena nei casi di spondilolistesi, nel caso cioè in cui le vertebre scivolino una sull'altra. Quindi il nuoto non solo non è terapeutico, ma a livello posturale si rivela anche dannoso. Se lo si pratica a livello amatoriale non crea problemi, ma come qualsiasi altro sport, praticato un paio di volte a settimana".

Un altro mito che viene sfatato da altre ricerche, parallele e connesse a questa, condotte da Isico è che gli sport asimmetrici come il tennis inducano o peggiorino la scoliosi. "Non è vero neanche questo. La correlazione che c'è fra sport e mal di schiena è la quantità e interessa sia chi ne fa troppo sia chi ne pratica troppo poco", dice Zaina. "L'ideale è scegliere uno sport, tenendo presente che attività molto mobilizzanti della colonna (ginnastica artistica e ritmica, ad esempio) ci mettono più a rischio, soprattutto in casi di predisposizione naturale, mentre sport in carico (come la corsa) contribuiscono a rinforzarla perché ci costringono a vincere la forza di gravità".


                                                                                    (Fonti: http://www.repubblica.it/salute)

lunedì 25 marzo 2013

Le bibite gassate provocano la morte

Allarme dagli Stati Uniti: le bibite zuccherate hanno causato nel 2010 più di 180 mila decessi. In Italia sono quasi 23 milioni le persone che dichiarano di bere bevande gassate e di questi ben 6,5 milioni circa dichiara di farlo regolarmente. La Coldiretti chiede di rendere immediatamente operativa la legge "Balduzzi" sulla Sanita' approvata dal parlamento che prevede l'obbligo di aumentare la percentuale di succo dal 12 per cento al 20 per cento nelle bibite.
Ogni anno si contano migliaia di morti a causa delle bibite gassate. I danni alla salute sono notevoli e, pertanto, l’appello della comunità medica si fa sempre più pressante, affinché vengano protetti soprattutto i più piccoli.
Negli Stati Uniti si contano, solamente nel 2010, 25 mila decessi per abuso di zucchero derivato dall’assunzione di bevande gassate: le lattine hanno provocato, sostanzialmente, 133 morti per diabete, 44 mila per attacchi cardiaci e 6 mila per tumore. Le bevande edulcorate, dunque, hanno provocato 38 mila morti in America Latina, 11 mila morti nell’Eurasia centro-orientale. Come hanno sottolineato i ricercatori, “Il 78% di questi morti, causate dall’abuso di bevande zuccherate, si concentra nei Paesi mediamente o scarsamente sviluppati,”. Il Messico conta il maggior numero di vittime.
In Italia l'allarme sul consumo di bibite e' amplificato da un pericoloso abbandono dei principi base della dieta mediterranea che e' universalmente conosciuta come importante nella prevenzione delle malattie e che ha fino ad ora garantito agli italiani una vita media di 79,4 anni per gli uomini e di 84,5 per le donne, tra le piu' elevate al mondo.
Nel corso del 2012, infatti, molti italiani hanno abbandonato i principi base della dieta mediterranea con un calo nei consumi familiari di pesce fresco (-3 per cento), vino (-3 per cento), ortofrutta (-2 per cento) e olio di oliva (-1 per cento) anche se hanno portato in tavola piu' pasta (+1 per cento), secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ismea.
                                                             
                                                                                                (Fonti Varie)
 

lunedì 18 marzo 2013

In uscita il libro: "Il bambino che sogna"

A maggio uscirà il  libro di Max Di Franco, il centrale della Cmc Ravenna : “Il bambino che sogna” (autori MAX DI FRANCO e LILLO CAFIERI edito da ANDREA MUCCIOLO di GALASSIA ARTE ) che racconta vent’anni di storia, a partire dalla lettera che Max scrisse da 14enne a squadre di serie A per chiedere di fare un provino. In seguito uscirà il documentario “La lettera: il bambino che sogna”. In attesa del film.

“Il bambino che sogna’ e’ molto piu’ che un libro: e’ la storia, vera, di Max Di Franco,  un ragazzino certamente fuori dal comune. Nato nel 1978 in un piccolo paese dell’entroterra siculo, gia’ nei suoi primi mesi di vita, Max si rivela un piccolo fenomeno: cresce, cresce a dismisura e questa sua altezza inconsueta, inizialmente, lungi dall’ essere vista come una potenzialita’ da sfruttare, diventa per gli altri un motivo di  discriminazione a causa della sua diversita’, problema da non sottovalutare sopratutto  quando si e’ ragazzini. Ma Max, forte dell’appoggio familiare e confidando nei suoi sogni, compie un gesto che gli cambiera’ la vita: scrive una lettera , ‘la’ lettera, ad un famosissimo club di volley, la Sisley di Treviso, che spesso aveva visto in  tv durante quegli anni di vero e proprio ‘boom’ della pallavolo nazionale. Incredibilmente, la sua vita cambia del tutto: un provino con il famoso  club, gli consente di abbandonare, appena adolescente, il piccolo paese del  nisseno, per rincorrere i suoi sogni. Seguono anni di lavoro e sacrifici, ma i suoi sforzi vengono premiati: la sua carriera infatti approda in prima squadra,  in serie A, e addirittura anche in Nazionale. Ma cosa c’e’ dietro tutto questo? I segreti, i sogni, la fatica, il sudore, i momenti di sconforto e quelli di felicita’ di Max fanno da cornice a questo  libro, il cui scopo e’ quello di far conoscere una bella storia di riscatto personale e sociale, partendo dal principio che non esiste mai una strada tracciata a priori che determina la nostra vita, ma siamo noi con la nostra volonta’, gli sforzi e i sacrifici a preparare il terreno per scrivere una  storia nuova, che ci porti anche lontano senza dimenticare le radici e da  dove proveniamo. Una storia che insegna a non mollare mai, nemmeno quando tutto sembra  avverso e che soltanto credendo nei nostri sogni, potremo realizzare un futuro  migliore per noi e per chi ci sta accanto. Cosi’ come ha fatto ‘ il bambino che sogna’.

                                                                        (Fonte: http:www.gazzetta.it)


       (L'uso di articoli, foto e video sono stati  autorizzati dal Sig. Max Di Franco)

lunedì 11 marzo 2013

Chi dorme non piglia pesci ma vive di più!

Dormire troppo poco può, anno dopo anno, generare patologie piuttosto gravi, sufficienti a cambiare anche i nostri geni. Già dopo 7 notti insonni, i ricercatori hanno osservato più di 700 mutazioni genetiche che potrebbero determinare conseguenze fisiche come problemi di cuore e obesità. 
Ecco alcuni effetti pericolosi della privazione del sonno necessario. Ricordate che la durata del sonno è sotto il vostro controllo, per dormire di più e meglio, cercate di pensare a queste conseguenze spaventose:
  1. Aumento rischio ictus: la mancanza di un regolare numero di ore di sonno aumenta il rischio di ictus. Chi dorme meno di 6 ore a notte ha un rischio 4 volte superiore di avere un ictus rispetto a chi dorme di più.
  2. Aumento rischio obesità: dormire troppo poco può condurre anche a scelte alimentari sbagliate. Il tutto in seguito a delle complicate modificazioni ormonali derivanti da un sonno troppo breve. Poche ore di sonno aumentano la produzione di grelina, l’ormone della fame, e limitino invece la leptina, che aiuta a bilanciare l’assunzione di cibo.
  3. Aumento rischio diabete: esiste un legame tra il dormire troppo poco e la resistenza all’insulina, un fattore di rischio che può essere spia per il diabete. Tra gli adolescenti sani, chi dorme troppo poco, ha una massima resistenza all’insulina ovvero che il corpo non la utilizza in modo efficace. Inoltre, riducendo il sonno, le cellule di grasso aumenta la resistenza di insulina in esse, anche quando la dieta è limitata.
  4. Perdita di memoria permanente: capita spesso che nei giorni in cui si è più stanchi, si è anche più smemorati e vaghi. La privazione del sonno può portare a problemi di memoria permanenti:  meno si dorme, meno si beneficia delle proprietà di memoria-immagazzinamento del sonno. Poco sonno porta al deterioramento del cervello.
  5. Danni alle osse: secondo uno studio, la privazione del sonno a lungo termine, contribuisce all’osteoporosi. Per ora ciò è certificato solo nei ratti ma è molto probabile che lo stesso effetto sia anche da attribuirsi al genere umano.
  6. Aumento rischio cancro: il sonno breve aumenta il rischio per alcuni tipi di tumore. Uno studio del 2010 ha scoperto che tra le mille persone sottoposte a screening per il cancro del colon-retto, quelle a cui era stata diagnosticata la malattia dormivano sei ore a notte. In generale i tumori sono più comuni alle persone che dormono poco. Dormire di più è un possibile percorso di riduzione del rischio e di recidiva.
  7. Dormire poco uccide: chi dorme meno muore prima. Uomini che dormono meno di 6 ore a notte hanno 4 volte più probabilità di morire in un periodo di 14 anni dal principio di insonnia.
  8. Fa male al cuore: dormire poco causa stress e tensione e induce l’organismo a produrre  più sostanze chimiche e ormoni tali da portare a malattie cardiache. Chi ha problemi di insonnia ha un rischio più elevato del 48% di sviluppare malattie cardiache.

                                                                                   (Fonte: www.robadadonne.it )