venerdì 20 gennaio 2012

Chi dorme da solo dorme peggio

Lo indica uno studio americano. Il rimedio? Il caldo «abbraccio» di un bagno caldo

Le migliori dormite le facciamo quando non ci sentiamo soli, esclusi o isolati dagli altri e se abbiamo al nostro fianco un compagno o una compagna di vita. Quando invece ci sembra di essere esclusi dal contesto sociale la nostra solitudine esistenziale ci segue anche nel sonno che inizia a frammentarsi con frequenti risvegli notturni anche se apparentemente dormiamo lo stesso numero di ore e ci sembra di aver trascorso tutta la notte fra le braccia di Morfeo.
L’ha verificato uno studio dell’Università di Chicago pubblicato su SLEEP che ha esaminato una comunità chiusa come quella agricola degli anabattisti Hutteriti del Sud Dakota. 95 persone con età media di 39,8 anni (55% erano donne) sono state prima valutate con test psicologici sui loro livelli di solitudine percepita, depressione, ansia e stress, nonché sulla qualità di sonno soggettiva. Poi per una settimana il loro sonno è stato controllato tramite un actigrafo da polso, una sorta di mini-holter polisomnografico portatile.
Dopo aver depurato gli altri fattori confondenti (età, sesso, peso, eventuale apnea morfeica, elevati livelli di depressione, ansia e stress) l’unico parametro risultato significativamente importante è risultato essere la solitudine percepita, la quale peraltro non influenza la durata totale del sonno né la sua percezione soggettiva. Gli autori hanno fornito una spiegazione evoluzionistica al fenomeno: per sopravvivere l’uomo ha dovuto fare affidamento al cordone di sicurezza della sua comunità. Sentirsi soli fa percepire la mancanza di questo senso di protezione sociale e per contrastare il senso di vulnerabilità che ne deriva attiviamo i nostri sistemi d’allerta che non ci fanno più dormire sonni tranquilli. Accade un po’ la stessa cosa ad esempio nella coppia dove la moglie dorme meglio se il marito non è fuori casa per lavoro o ai bambini che si addormentano subito solo fra le braccia protettive della madre.
Un altro studio della Yale University pubblicato su Emotion dimostra che un buon metodo per compensare il senso di solitudine è fare un bagno caldo, perché il calore e il senso di sicurezza hanno per noi un inconscio legame ancestrale, probabilmente rievocato dal caldo abbraccio della mamma o del marito.
 
                                                                            Fonte:(www.corriere.it)

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