Le radiofrequenze di cellulari e wireless studiate da un team di 34 scienziati potrebbero causare alcuni tipi di tumori, ma sono necessarie altre ricerche. Nella stessa categoria di pericolosità i gas di scarico, ma anche caffè e sottaceti
Sono stati inquadrati nella categoria 2B, ovvero quella che comprende agenti e strumenti «possibilmente cancerogeni» per gli esseri umani. Così i telefoni cellulari sarebbero pericolosi per l’uomo tanto quanto il Ddt e i gas di scarico (ma anche quanto caffé e sottaceti, inclusi nella stessa lista), tutti agenti a rischio classificati dall’Organizzazione mondiale della sanità. A dirlo è l’International Agency for Research on Cancer, il braccio dell’Oms che si occupa appunto di cancro. Nel corso dell’analisi di decine di studi pubblicati negli ultimi anni il gruppo di 34 esperti ha cercato di individuare le relazioni «causa-effetto» tra la comparsa di forme tumorali e la propagazione di radiazioni elettromagnetiche come quelle emesse da telefonini, forni a microonde e radar.
Uno studio che ha richiesto tempo e controlli incrociati con i quali si è giunti a una conclusione non proprio rassicurante: le radiofrequenze da cellulare «possono potenzialmente causare il cancro». La valutazione, ufficializzata in una pubblicazione di prossima uscita, si basa sia sui test condotti sugli animali sia sugli studi epidemiologici che riguardano gli esseri umani. «L’interconnessione cellulare-tumore è stata giudicata circoscritta al glioma e al neurinoma acustico», spiega Jonathan Samet, il coordinatore del team che ieri a Parigi ha illustrato la ricerca. Il primo è una forma rara di tumore al cervello che si è rivelata spesso letale, il secondo è il tumore del nervo uditivo. «Per gli altri tipi di patologie invece non ci sono dati sufficienti che possano confermarne il legame con le radiazioni emesse dai telefonini», precisa Samet. Tecnicamente i cellulari emettono il segnale da ripetitori che utilizzano onde radio, in maniera simile a quella delle stazioni radiofoniche Fm e dei microonde.
Le radiazioni dei cellulari non possono danneggiare direttamente il Dna e sono differenti da quelle più forti dei raggi X o ultravioletti. A intensità molto elevate rischiano di bruciare tessuti corporei, ma finora non è stato dimostrato alcun legame con il danneggiamento di cellule umane. L’esito della ricerca condotta per l’Oms è tuttavia allarmante, anche se non del tutto sorprendente. Lo scorso anno l’«Interphone Report», uno dei più vasti studi in materia aveva, dimostrato un legame tra cancro e cellulari, specie per gli individui che ne facevano uso assai frequente. Anche in quel caso la patologia tumorale più riscontrata era il «glioma», ma i casi di malattia non erano abbastanza frequenti da rappresentarne un esempio rilevante. Inoltre lo studio aveva destato perplessità, perché seguiva un percorso a ritroso, ovvero le persone prese a campione erano già affette da cancro, e a loro veniva chiesto con quale frequenza e come avessero usato i telefonini negli ultimi 10 anni.
Per alcuni esperti si tratta di valutazioni empiriche talvolta devianti, visto che in almeno altre 30 ricerche condotte in Europa, Usa e Nuova Zelanda, i pazienti con tumori al cervello hanno dichiarato di essere stati attaccati al proprio cellulare meno di persone non affette da alcuna malattia. Anche in quest’ultimo caso, del resto, gli esperti Oms invitano alla prudenza e spiegano che serviranno approfondimenti e nuove ricerche prima di giungere a conclusioni definitive. «I risultati a cui siamo arrivati indicano che ci potrebbe essere qualche rischio, ma dobbiamo proseguire con gli studi per individuare ogni interconnessione possibile», dice Samet. Del resto, l’uso dei telefonini è talmente vasto, con quasi cinque miliardi di utenti nel mondo - tre quarti dell’umanità - che uno studio organico in materia è assai complesso.
Dalla comparsa dei primi cellulari, inoltre, è cambiato il modo di utilizzarli e sono mutate le patologie tumorali. In ogni caso questo non vuol dire che non si debbano prendere precauzioni. «E’ importante attuare misure cautelative per ridurre l’esposizione, come l’uso di auricolari o dei messaggi al posto delle telefonate», raccomanda l’Oms. «Quanto detto dall’agenzia sta a intendere che un rischio è possibile ma non probabile», spiega la Gsma, l’associazione degli operatori di telefonia mobile nel mondo, la quale fa riferimento alla classificazione stessa a cui è ricorsa l’agenzia dell’Osm. La categoria 2B è infatti quella degli «agenti possibilmente cancerogeni», mentre quella dei «probabilmente cancerogeni», è la 2A che viene subito dopo la A degli «agenti cancerogeni» veri e propri. «In questo senso - spiega Jack Rowley, direttore di Gsma - gli attuali standard di sicurezza, alla luce delle nostre conoscenze, restano validi». Le rassicurazioni sono d’obbligo, ma non placano i timori dei consumatori, e così comunità scientifica ed opinione pubblica si spaccano su un dibattito che in 20 anni non è riuscito a risolvere uno dei più annosi arcani dell’era high-tech.
Uno studio che ha richiesto tempo e controlli incrociati con i quali si è giunti a una conclusione non proprio rassicurante: le radiofrequenze da cellulare «possono potenzialmente causare il cancro». La valutazione, ufficializzata in una pubblicazione di prossima uscita, si basa sia sui test condotti sugli animali sia sugli studi epidemiologici che riguardano gli esseri umani. «L’interconnessione cellulare-tumore è stata giudicata circoscritta al glioma e al neurinoma acustico», spiega Jonathan Samet, il coordinatore del team che ieri a Parigi ha illustrato la ricerca. Il primo è una forma rara di tumore al cervello che si è rivelata spesso letale, il secondo è il tumore del nervo uditivo. «Per gli altri tipi di patologie invece non ci sono dati sufficienti che possano confermarne il legame con le radiazioni emesse dai telefonini», precisa Samet. Tecnicamente i cellulari emettono il segnale da ripetitori che utilizzano onde radio, in maniera simile a quella delle stazioni radiofoniche Fm e dei microonde.
Le radiazioni dei cellulari non possono danneggiare direttamente il Dna e sono differenti da quelle più forti dei raggi X o ultravioletti. A intensità molto elevate rischiano di bruciare tessuti corporei, ma finora non è stato dimostrato alcun legame con il danneggiamento di cellule umane. L’esito della ricerca condotta per l’Oms è tuttavia allarmante, anche se non del tutto sorprendente. Lo scorso anno l’«Interphone Report», uno dei più vasti studi in materia aveva, dimostrato un legame tra cancro e cellulari, specie per gli individui che ne facevano uso assai frequente. Anche in quel caso la patologia tumorale più riscontrata era il «glioma», ma i casi di malattia non erano abbastanza frequenti da rappresentarne un esempio rilevante. Inoltre lo studio aveva destato perplessità, perché seguiva un percorso a ritroso, ovvero le persone prese a campione erano già affette da cancro, e a loro veniva chiesto con quale frequenza e come avessero usato i telefonini negli ultimi 10 anni.
Per alcuni esperti si tratta di valutazioni empiriche talvolta devianti, visto che in almeno altre 30 ricerche condotte in Europa, Usa e Nuova Zelanda, i pazienti con tumori al cervello hanno dichiarato di essere stati attaccati al proprio cellulare meno di persone non affette da alcuna malattia. Anche in quest’ultimo caso, del resto, gli esperti Oms invitano alla prudenza e spiegano che serviranno approfondimenti e nuove ricerche prima di giungere a conclusioni definitive. «I risultati a cui siamo arrivati indicano che ci potrebbe essere qualche rischio, ma dobbiamo proseguire con gli studi per individuare ogni interconnessione possibile», dice Samet. Del resto, l’uso dei telefonini è talmente vasto, con quasi cinque miliardi di utenti nel mondo - tre quarti dell’umanità - che uno studio organico in materia è assai complesso.
Dalla comparsa dei primi cellulari, inoltre, è cambiato il modo di utilizzarli e sono mutate le patologie tumorali. In ogni caso questo non vuol dire che non si debbano prendere precauzioni. «E’ importante attuare misure cautelative per ridurre l’esposizione, come l’uso di auricolari o dei messaggi al posto delle telefonate», raccomanda l’Oms. «Quanto detto dall’agenzia sta a intendere che un rischio è possibile ma non probabile», spiega la Gsma, l’associazione degli operatori di telefonia mobile nel mondo, la quale fa riferimento alla classificazione stessa a cui è ricorsa l’agenzia dell’Osm. La categoria 2B è infatti quella degli «agenti possibilmente cancerogeni», mentre quella dei «probabilmente cancerogeni», è la 2A che viene subito dopo la A degli «agenti cancerogeni» veri e propri. «In questo senso - spiega Jack Rowley, direttore di Gsma - gli attuali standard di sicurezza, alla luce delle nostre conoscenze, restano validi». Le rassicurazioni sono d’obbligo, ma non placano i timori dei consumatori, e così comunità scientifica ed opinione pubblica si spaccano su un dibattito che in 20 anni non è riuscito a risolvere uno dei più annosi arcani dell’era high-tech.
(Fonti varie)
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