martedì 29 marzo 2011

Tisana al finocchio al baby: cancerogena?

Gli scienziati esperti in fitoterapici ed erbe rispondono al quesito sollevato da alcuni media

Alcuni giorni fa si è sentito parlare della cancerogenità del finocchio. O per meglio dire, di alcuni composti che sarebbero contenuti nei semi di finocchio utilizzati tradizionalmente come infusi digestivi o per aumentare la montata lattea. Molta gente, spaventata, ha scelto di evitare l’utilizzo di questo tipo di rimedi naturali. Ma l’informazione che è arrivata alle nostre orecchie, anche per mezzo di programmi televisivi come “Occhio alla Spesa”, è reale? Probabilmente non del tutto.

La teoria della tisana al finocchio “cancerogena”, si baserebbe sul fatto che questa contiene estragolo. Se è pur vero che l’estragolo può essere considerato un cancerogeno è anche vero che, il finocchio, come tutte le piante, contiene anche altri composti, tra questi molti anti-cancerogeni.
Inoltre, l’estragolo è contenuto in molte altre piante come il basilico: questo significa che anche il pesto alla genovese sarebbe responsabile di tumori?!
«Sarebbe, perché questo nell'uomo non è mai stato dimostrato. Non solo, ma ora sappiamo anche perché non è vero: gli studiosi hanno fin ora dimenticato che nessuno si somministra l'estragolo in vena o nel peritoneo, cosa che provocherebbe certamente dei grossi guai!  La ricerca invece ha recentemente dimostrato che il basilico che mangiamo in realtà contiene la nevadensina, una sostanza che impedisce l'attivazione dell'estragolo. Non solo: contiene anche sostanze ad attività anticancerogena. Quindi quale rischio? Le tisana a base di finocchio invece, per le quali pure non è mai stato dimostrato alcun rischio, contiene antiossidanti e anticancerogeni (anetolo e flavonoidi) 100 volte più dell'estragolo, che peraltro viene metabolizzato in percentuali infinitesimali», spiega il dottor Fabio Firenzuoli, Direttore del Centro di Medicina Naturale dell’Ospedale S. Giuseppe di Empoli.

Questo significa che è inutile creare allarmismi dichiarando solo una piccola parte della verità. Spesso gli scienziati scindono i principi attivi cercando di capire l’attività di una pianta. Ma la pianta non è un’unica sostanza, è una sapiente miscela di composti utili al nostro organismo. E non è il principio attivo in sé a curarci, bensì questa miscela, impossibile da replicare a livello sintetico.

Prendiamo d’esempio uno dei farmaci più utilizzati: l’Aspirina. Questo farmaco fu realizzato  partendo inizialmente dall’acido spireico (acido salicilico) della Spirea Ulmaria. L’Aspirina, infatti deriva da A (riferendosi al gruppo Acetil) e “spir”, da Spirea. Tuttavia, nonostante l’Ulmaria ancora oggi sia utilizzata come antinfiammatorio, non arreca danni allo stomaco – anzi lo protegge – al contrario dell’Aspirina in farmaco. Vi siete mai chiesti come sia possibile che ciò accada visto che il principio attivo è lo stesso? Semplice: perché la Spirea Ulmaria contiene anche molte sostanze che proteggono lo stomaco.
È impossibile giudicare un rimedio naturale valutando solo alcuni elementi in esso contenuti. Le piante, lo ripetiamo, sono una miscela equilibrata e perfetta di sostanze benefiche.
Non sono come i farmaci di sintesi e, nonostante “naturale” non sia sinonimo di sicuro o innocuo, non si può certo dire che i primi siano molto più sicuri. Basta leggere un qualsiasi foglietto illustrativo, anche di un banale farmaco da banco, per rendersi conto che l’elenco degli effetti collaterali possibili è di gran lunga superiore agli effetti benefici che – dovrebbe – apportare.
Tornando al finocchio e al basilico, possiamo quindi affermare che questi sono «due esempi clamorosi di come la natura ci offra già, su un piatto d'argento, alcune potenti sinergie d'azione anticancro. Altri esempi di sinergie sono poi creabili ad arte dal medico quando somministri sostanze naturali durante la chemioterapia per ridurne certi effetti collaterali o, al contrario, per migliorarne l'azione, come ad esempio la curcumina, il resveratrolo, le catechine del tè verde o i polisaccaridi di molte piante», conclude Firenzuoli.

Insomma, niente paura e niente allarmismo. Prima di parlare bisogna sapere bene cosa si sta dicendo, e prima di cambiare idea su un determinato argomento forse è meglio informarsi da chi la natura la conosce davvero.

                                                                                                   (Fonti varie)

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