venerdì 8 aprile 2011

Apprendimento motorio: sensazione, emozione, essere

Quando ci accingiamo ad imparare un’azione motoria siamo eccitati all’idea di poter fare o di poter essere? Non paia una disquisizione dottrinale.
Se ci accingiamo a fare qualcosa per compiacere istruttore, genitori o noi stessi, sovrapponiamo alle sensazioni giuste-che dovrebbero guidarci il valore che diamo a quelle azioni motorie in via di acquisizione. Invece se desideriamo essere qualcosa di nuovo (un corridore ciclista, un nuotatore, uno sciatore, un giocatore di baseball o di pallavolo), ci inseriamo nel fluire delle sensazioni, ci lasciamo andare alle suggestioni nuove. E’ così.
Immaginiamo per un momento cosa possa intuire un bimbo al quale è stata fatta vedere la “gambata a rana” dal bordo, con una mimica particolare, dal proprio istruttore.
Il valore immaginato della “gambata a rana” sarà indubbiamente diverso da quello proposto dall’istruttore. Il bimbo sarà ansioso di provare al suo istruttore quanto è bravo e così si darà da fare per eseguire l’azione motoria. Naturalmente per come la sua fantasia corticale la disegna. E il viso contorto dal disappunto del maestro determinerà nuovi irrigidimenti e nuovi errori.
Così l’autodidatta che si accinge alla sua prima partita di tennis, memore degli incontri visti in televisione, ansioso di dimostrare al suo antagonista la sua bravura, o la sua valentìa all’amico o al figlio o alla moglie che dagli spalti lo ammirano, costruirà azioni motorie distorte sia dal punto di vista del ritmo sia da quello dell’esecuzione formale. L’irrigidirsi della muscolatura nel momento del “fare”, determinerà a cascata reazioni neuromuscolari non adatte all’apprendimento.
E’ necessario, volendo eseguire l’azione motoria migliore per l’apprendimento di una disciplina sportiva, lasciarsi andare, immergersi nel flusso delle sensazioni che il movimento crea nel momento stesso in cui lo si prova.
Ecco perché è preferibile dare indicazioni “cornice” ai bambini e seguirli nel percorso didattico nel tempo, provvedendo ad aggiustamenti che si inseriscono nella sua struttura esperienziale motoria. Le sensazioni e le suggestioni nuove devono sposare l’interpretazione che la fantasia motoria infantile concede, attraverso un’ampia gamma di possibilità motorie nuove. Logico che l’artefatto motorio agonistico abbisognerà di tanto in tanto di aggiustamenti tecnici da parte dell’allenatore.
Così la struttura ritmica del movimento non verrà falsata da irrigidimenti che potrebbero inficiare tutta l’architettura del nuovo schema motorio.
Così l’adulto che si accinge a sciare per la prima volta, a tirare con l’arco, a giocare a basket, dopo i primi suggerimenti dei maestri e dei tecnici per l’impostazione di base, dovrebbe lasciarsi andare a un caleidoscopio di sensazioni.
E’ naturale che la complessità del nuovo schema motorio che si inserisce in esperienza pregresse parziali, ne imporrà un continuo riaggiustamento. I meccanismi di correzioni, le sensibilità periferiche specifiche saranno la via attraverso cui nel tempo si formeranno schemi via via più adatti.
Magari con l’intervento di tecnici e maestri in grado di dare i giusti suggerimenti senza esorbitare dal semplice al complesso, dal facile al difficile.
Le suggestioni dell’essere, del voler essere. Non le sovrapposizioni del pensiero razionale che sconfina nella presunzione del voler fare senza alcun aiuto dei tecnici di settore.
Acquisire suggerimenti da qualcuno per trovarne altri con le sensazioni che il corpo prova nell’esecuzione fluida dell’azione motoria.
Come viene interpretata dal cervello. Senza che preoccupazioni fuori luogo o esibizionismi inutili determinino un “fare” eccessivo. Con alterazione del ritmo (quale che sia, anche se legato all’errore tecnico); con irrigidimento muscolare; con ansia da prestazione (anche non agonistica).
Lasciate che i bambini siano se stessi anche nella prima interpretazione di un nuovo schema corticale. L’uomo impara da bimbo a camminare senza istruttori diplomati. Vero è che la capacità coordinative innate possono fare da “maestro” al bimbo in crescita, ma è anche vero che altri schemi come il correre, il saltare, il lanciare, sono azioni motorie che è arduo definire innate.
Quando il bambino ha mostrato quale è la “sua” personalissima interpretazione dell’azione motoria preposta allora, senza inficiarne il ritmo, il tecnico dovrà suggerirgli nuovi percorsi sensomotori, per rendere il nuovo schema più adatto allo scopo.

Maurizio Castagna

                                                                                           (Fonti:www.sportbrain.it)

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