Una lacrima sul viso è un miracolo d’amore? Pare di no, almeno leggendo il risultato della ricerca condotta dagli esperti del Weizmann Institute of Science di Rehovot, in Israele. Alcuni neuroscienziati hanno raccolto in una provetta le perle saline dovute alla commozione femminile, quindi hanno fatto annusare il liquido a cinquanta ragazzi, constatando che il livello del testosterone del maschio, veicolo dell’eccitazione sessuale, cala del 13%. Risultato: il pianto della femmina di fronte a un film romantico smorza il desiderio maschile. Allora l’imperativo con cui spesso veniamo educati, vietato piangere, potrebbe essere indovinato.
Sia vero o no, il fatto comunque straordinario è che l’uomo finalmente sta interessandosi con cognizione di causa a un fenomeno, il pianto, profondamente radicato nella nostra natura ma altrettanto sconosciuto. Eppure tanto immediato, da essere il primo veicolo di vita dell’essere: i neonati piangono non appena vengono al mondo, un vagito senza lacrime, perché quella goccia, ora sotto osservazione scientifica, appare dopo qualche tempo di vita. Perché?
Anche gli psichiatri sono costretti ad ammetterlo: misterioso è l’input che parte dal cervello e produce una lacrima in quell’organo altrettanto sconosciuto che si chiama «sacchetto lacrimale», misterioso e complesso, perché le lacrime sono una delle rare manifestazioni dell’uomo che obbediscono a emozioni contraddittorie, addirittura opposte: scendono per tristezza ma anche per picchi di gioia. Cos’è una lacrima? Sembra una domanda da femminucce, ma in realtà scava una voragine di interrogativi di cui non si vede il fondo. Secondo la medicina olistica, ovvero quell’antica conoscenza cui appartengono antiche pratiche mediche come l’ayurveda, che cerca di interpretare il corpo attraverso una sua dimensione complessiva di visibile e invisibile, le lacrime sono strettamente collegate al respiro, quindi ai polmoni, ed esistono massaggi nella zona del tratto cervicale che possono sbloccare un pianto trattenuto o fermare un pianto eccessivo.
È ancora un approccio di settore a un fenomeno d’ampio spettro: al di là d’essere uno sfogo semplice di ragazzine deboli, il pianto è una manifestazione dell’uomo, degli animali, delle piante – alcune mucche lacrimano al momento del macello, i topi lacrimando attirano le topine, piangono anche cani e gatti e gli agricoltori sanno che in primavera le viti grondano letteralmente lacrime – collegata a sentimenti, reazioni e cognizioni di grande altezza. È indubbio che poeti come Leopardi o Rilke colleghino le lacrime all’apice della loro ispirazione artistica. I profeti lo legano alla visione della chiarezza e non sono un mistero le lacrime di Giovanni Paolo II in attimi di meditazione: esistono a tal riguardo foto inedite negli archivi vaticani.
Gli antichi testi sacri recitano: «Dio conta le lacrime delle donne» non svilendole a reazioni isteriche di debolezza, e uno scrittore satirico come Giovenale annotò: «Quando la natura diede all’uomo il dono delle lacrime, essa gli instillò la facoltà di essere gentile e di coltivare la più alta delle virtù: la pietà». La Pietà: come non ricordare alcune Madonne piangenti? Ora gli scienziati israeliani procederanno a indagare la prima goccia dei bambini e soprattutto quella maschile, la più rara, nella speranza che ci diano la gioia di sapere cosa sia questa stilla, affinché il suo potere di conoscenza del corpo umano non vada perduto «come una lacrima nella pioggia».
Sia vero o no, il fatto comunque straordinario è che l’uomo finalmente sta interessandosi con cognizione di causa a un fenomeno, il pianto, profondamente radicato nella nostra natura ma altrettanto sconosciuto. Eppure tanto immediato, da essere il primo veicolo di vita dell’essere: i neonati piangono non appena vengono al mondo, un vagito senza lacrime, perché quella goccia, ora sotto osservazione scientifica, appare dopo qualche tempo di vita. Perché?
Anche gli psichiatri sono costretti ad ammetterlo: misterioso è l’input che parte dal cervello e produce una lacrima in quell’organo altrettanto sconosciuto che si chiama «sacchetto lacrimale», misterioso e complesso, perché le lacrime sono una delle rare manifestazioni dell’uomo che obbediscono a emozioni contraddittorie, addirittura opposte: scendono per tristezza ma anche per picchi di gioia. Cos’è una lacrima? Sembra una domanda da femminucce, ma in realtà scava una voragine di interrogativi di cui non si vede il fondo. Secondo la medicina olistica, ovvero quell’antica conoscenza cui appartengono antiche pratiche mediche come l’ayurveda, che cerca di interpretare il corpo attraverso una sua dimensione complessiva di visibile e invisibile, le lacrime sono strettamente collegate al respiro, quindi ai polmoni, ed esistono massaggi nella zona del tratto cervicale che possono sbloccare un pianto trattenuto o fermare un pianto eccessivo.
È ancora un approccio di settore a un fenomeno d’ampio spettro: al di là d’essere uno sfogo semplice di ragazzine deboli, il pianto è una manifestazione dell’uomo, degli animali, delle piante – alcune mucche lacrimano al momento del macello, i topi lacrimando attirano le topine, piangono anche cani e gatti e gli agricoltori sanno che in primavera le viti grondano letteralmente lacrime – collegata a sentimenti, reazioni e cognizioni di grande altezza. È indubbio che poeti come Leopardi o Rilke colleghino le lacrime all’apice della loro ispirazione artistica. I profeti lo legano alla visione della chiarezza e non sono un mistero le lacrime di Giovanni Paolo II in attimi di meditazione: esistono a tal riguardo foto inedite negli archivi vaticani.
Gli antichi testi sacri recitano: «Dio conta le lacrime delle donne» non svilendole a reazioni isteriche di debolezza, e uno scrittore satirico come Giovenale annotò: «Quando la natura diede all’uomo il dono delle lacrime, essa gli instillò la facoltà di essere gentile e di coltivare la più alta delle virtù: la pietà». La Pietà: come non ricordare alcune Madonne piangenti? Ora gli scienziati israeliani procederanno a indagare la prima goccia dei bambini e soprattutto quella maschile, la più rara, nella speranza che ci diano la gioia di sapere cosa sia questa stilla, affinché il suo potere di conoscenza del corpo umano non vada perduto «come una lacrima nella pioggia».
(Fonti varie)
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