martedì 7 giugno 2011

La sazietà? Dipende dallo stato d’animo

La fame è una delle pulsioni primarie, uno stimolo intenso legato al primordiale istinto di sopravvivenza. Eppure, nonostante ciò, l'assunzione di cibo viene spesso influenzata da fattori che di ancestrale hanno ben poco.
Panini invitanti, ristoranti affollati, specialità pasticciere ed altre prelibatezze pubblicizzate dalla tv, si scontrano ogni giorno con diete, creme anticellulite, snack ipocalorici e con quel radicato binomio tipicamente occidentale che intercorre tra bellezza e magrezza. A farne le spese, manco a dirlo, è il nostro rapporto con il cibo e la stessa psiche che lo controlla.
A differenza di quanto avviene negli animali, per l'uomo la fame non è il semplice risultato di bisogni fisiologici. Ce ne rendiamo conto quando al termine di un lauto pasto, nonostante la cintura dei pantaloni ci indichi chiaramente di sospendere l'assunzione di cibo, non sappiamo rinunciare ad una fetta di dolce. Altra esperienza comune riguarda l'incapacità di staccarsi da un vasetto di cioccolata, nonostante una psiche fortemente combattuta tra ingordigia, sensi di colpa ed i primi avvisagli di un'indigestione, ci suggerisca il contrario.

Il controllo nervoso della fame

Il controllo dell'assunzione di cibo nell'uomo rispecchia a pieno lo straordinario grado di efficienza e genialità con il quale è organizzato l'intero organismo. Due centri ipotalamici, influenzati da numerosi neurotrasmettitori ed ormoni, inviano segnali che spingono o meno alla ricerca di cibo. In condizioni di digiuno è attivo il centro della fame, dopo il pasto prevale quello della sazietà. Tali centri ricevono innumerevoli segnali regolatori, alcuni dei quali più rilevanti degli altri. L'intensa ricerca sui meccanismi fisiologici alla base di quel male pauroso e preoccupante chiamato obesità  ha portato alla formulazione di diverse teorie.



 
Qualche anno fa è stato pubblicato un interessante studio sulla relazione tra leptina e sovrappeso. Quest'ormone, codificato dal "gene dell'obesità" (gene OB), agisce a livello ipotalamico, determinando il senso della sazietà. Se i depositi di grasso aumentano viene incentivata la produzione di leptina, se invece diminuiscono, l'introito calorico viene favorito dalla ridotta secrezione dell'ormone.
Topi privi del gene OB, data la correlata assenza di leptina, ingrassano a vista d'occhio. Le cose non sono però così semplici nell'uomo, dato che molti obesi sono tali pur presentando elevate concentrazioni plasmatiche di leptina.
Come spiegare tutto questo? La risposta è la stessa che abbiamo dato a chi ci chiedeva come mai soffrisse di ipercolesterolemia nonostante una dieta priva di colesterolo, o accusasse problemi di osteoporosi nonostante il ricorso a massicce integrazioni di calcio e vitamina D. L'organismo umano è basato su finissimi sistemi di regolazione che hanno lo scopo di mantenere l'omeostasi, cioè la stabilità e l'equilibrio dell'ambiente interno. Ne consegue che ad ogni azione segue una reazione uguale e contraria che tende a riportare il sistema in equilibrio. Per preservare la salute e migliorare l'efficienza del sistema, il corpo ricorre ad una rete integrata di segnali, in grado di interagire ed influenzarsi a vicenda. Così, se uno di loro va in tilt, la stabilità del sistema è comunque assicurata dall'attivazione di segnali con analoga funzione.
Allo stesso modo la fame è il risultato di un intricato ammasso di impulsi neuroendocrini attivati da segnali fisici, chimici, meccanici e psicologici. 
Ecco perché una vera cura dell'obesità , una cura efficace, deve tenere in considerazione elementi anatomici, fisiologici, biochimici e psicologici che, nel loro insieme, permettono di individuare validi percorsi terapeutici. L'atto del mangiare non indica necessariamente un bisogno di cibo, ma può nascondere ansie, timori e sentimenti positivi, come il desiderio di condividere ciò che si possiede con la persona amata. Nella ricerca del cibo subentrano anche fattori culturali: mentre nei Paesi industrializzati in pochi si entusiasmerebbero all'idea di un pranzetto a base di vermi, in alcune regioni dell'Africa il bruco è uno dei cibi più apprezzati.
L'umore, l'inconscio e la razionalità sono i principali responsabili degli attacchi di fame incontrollata. La depressione, per esempio, si accompagna spesso ad attacchi di fame ansiosa di quei cibi, come i dolci, che evocano ricordi piacevoli e migliorano temporaneamente lo stato d'animo.
Fame e appetito non sono sinonimi. Mentre il primo termine è utilizzato per indicare quella sensazione istintiva ed incontrollabile che ci spinge all'immediata ricerca di cibo, l'appetito dedica maggiore attenzione all'aspetto qualitativo del cibo. 
  
                                                                                             (Fonti varie)

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